di Giuseppina Pascucci
L’adolescenza è definita nell’Enciclopedia Treccani come l’età della vita umana interposta tra la fanciullezza e l’età adulta, un periodo particolarmente problematico dell’esistenza, specie per le risonanze psicologiche del mutato rapporto tra l’adolescente e il suo corpo. Il Dizionario di Lingua Italiana Sabatini-Colletti in modo didascalico ci fornisce, invece, la seguente definizione dell’adolescenza: fase della crescita dell’essere umano collocata tra i 12-14 e i 18-20 anni caratterizzata da una serie di modificazioni fisiche e psicologiche che introducono all’età adulta.
Da Wikipedia riporto quanto segue: l’adolescenza, dal latino “adolescentia” dal verbo “adolescere”, crescere, è quel tratto dell’età evolutiva caratterizzata dalla transizione dello stato infantile a quello dell’individuo adulto.
Il Dizionario di Pedagogia Clinica ci ricorda che gli aspetti tipici che contraddistinguono l’adolescenza sono da ascrivere a tre perdite: la perdita del corpo infantile, dei genitori dell’infanzia e del ruolo infantile. Perdite che corrispondono a crisi che investono l’intero contesto nel quale l’adolescente è inserito.
Prendendo in esame diversi autori si evincono teorie esplicative del periodo adolescenziale. Erikson attribuendo a ogni stadio evolutivo un compito di sviluppo, determina che all’adolescenza debba corrispondere una crisi normativa caratterizzata dal processo di costruzione di identità. L’adolescente si trova a dover affrontare il duro compito di definire una propria identità, pena il mancato obiettivo che condurrebbe il soggetto a sottostare a una confusione di ruolo, senza mai riuscire a costruire un proprio sé con specifici bisogni e talenti. In questo processo giocano un ruolo decisivo le relazioni interpersonali, soprattutto quelle le relazioni tra pari, le caratteristiche socio-culturali dell’ambiente e le modalità educative espresse dal contesto di riferimento.
Piaget, esponendo la sua teoria dello sviluppo cognitivo del soggetto, colloca nell’adolescenza il completamento del pensiero operatorio formale, durante il quale esso prende forma. Come afferma lo stesso Piaget: “ Dopo gli undici o dodici anni il pensiero operatorio formale diviene, appunto, possibile, e le operazioni logiche cominciano a essere trasposte dal piano della manipolazione concreta al piano delle idee pure espresse in un qualsiasi linguaggio (il linguaggio delle parole o quello dei simboli matematici; ..), ma senza l’appoggio della percezione, dell’esperienza o persino della convinzione,…il pensiero formale è quindi ipotetico-deduttivo, in grado cioè di trarre conclusioni da pure ipotesi e non soltanto da un’osservazione concreta.” L’adolescente, quindi, diviene, grazie a questo processo, abile nell’utilizzo del pensiero critico, che gli permetterà di trovare piacere nella discussione, di adottare la prospettiva altrui, di rappresentare la realtà entro categorie proprie, di esprimere e far valere una propria opinione, di apportare giudizi e impressioni personali.
Bandura ci aiuta a comprendere l’adolescente dal punto di vista dello sviluppo morale: con lo sviluppo del ragionamento morale e il potenziamento dei meccanismi di controllo interni, il soggetto apprende la capacità dell’agire in maniera moralmente accettabile. Questo comportamento è guidato dalla nuova capacità di auto-regolazione dell’adolescente che tiene conto di sanzioni interne, sanzioni sociali e dei vantaggi e/o bisogni personali.
Grazie alle neuroscienze e ai contributi emersi dalle ricerche in questo ambito alcuni meccanismi del cervello si sono fatti più chiari. Durante l’adolescenza il cervello si trova in balia di una sorta di iperattività della componente emotiva che stimola una continua ricerca di forti emozioni tenendo sotto scacco le decisioni e le motivazioni che portano ad agire. A farne le spese è la parte cognitiva che in età adulta sarà invece in grado di porre un freno a questo dominio emotivo. A causa dello sviluppo ancora immaturo della corteccia prefrontale gli adolescenti trovano difficile rinunciare a comportamenti capaci di regalare gratificazioni immediate in favore di una ricompensa più significativa che potrebbero ricevere solo molto più avanti. Il livello di dopamina basale risulta più basso rispetto alle altre fasi della vita; se però il ragazzo fa qualcosa che lo eccita particolarmente, la produzione di dopamina si impenna in modo molto più esponenziale che in età adulta. Questo meccanismo induce una forte sensazione di vitalità e benessere che riduce il pensiero critico circa i rischi connessi. La disparità funzionale tra la parte emotiva e quella cognitiva non fa altro che stimolare ulteriormente la ricerca di eccitazione e del piacere.
Stando a questi contributi si evince quanto l’adolescenza sia, a tutti gli effetti, un periodo particolarmente delicato, periodo durante il quale il soggetto si trova a dovere abbandonare l’infanzia, fatta di coccole, giochi, carezze, sicurezze, per entrare in un mondo che richiede responsabilità, presenza, autonomia, capacità gestionale individuale. Il ragazzo subisce una fase di cambiamenti fisici rilevanti, la pubertà, lo sbalzo ormonale, il primo menarca, una repentina crescita corporea incredibilmente rapida che precedentemente non ha vissuto e che in futuro mai si ripresenterà, che lo porta a ritrovarsi in un corpo trasformato nel quale è difficile riconoscersi. Un periodo non solo caratterizzato da questi cambiamenti fisici, ma anche contraddistinto da una serie di modificazioni connesse ai rapporti sociali, alle dinamiche familiari, alle trasformazioni mentali, all’identità sessuale, alla definizione di un sé, all’attribuzione di valori nuovi, all’avvio di relazioni sentimentali e sessuali.
Si assiste a un processo di maturazione globale che porterà qual bambino a essere un adulto, in grado di fare scelte, prendere decisioni, processare informazioni in modo adeguato, analizzare contenuti e sviluppare una forte capacità critica.
Cambiamenti che spesso vengono accentuati dagli adulti, a volte vengono sottovalutati, la maggior parte vengono ignorati. Gli adulti in veste di genitori, educatori e insegnanti rivestono un ruolo decisivo lungo il percorso di crescita dei ragazzi, pertanto questo periodo contrassegnato da questi enormi cambiamenti andrebbe letto non solo nella sua veste esclusivamente problematica, ma, considerando la sua complessità, andrebbe interpretato in chiave essenzialmente positiva per garantire ai giovani una maggiore capacità di definire una propria identità, di raggiungere la massima espansione verso una totale autonomia e di affrontare le nuove responsabilità richieste dalla società.
L’adolescenza, piuttosto, è vista dagli adulti di riferimento come un periodo fortemente allarmante. Questa visione spesso è associata all’inadeguatezza dell’adulto di riuscire a gestire una relazione che chiede di essere rinnovata e ridefinita, dove ciascun ruolo si dovrebbe rimodellare in partecipazione con l’altro per far fronte alle nuove esigenze del ragazzo-adolescente. Serpeggia la malsana idea che laddove non si riesca a far fronte alla sfida che si presenta, questa la si possa ignorare con la speranza che prima o poi quella minaccia possa passare, automaticamente, da sola. Il soggetto in fase adolescenziale, in verità, necessita del continuo supporto dell’adulto che piuttosto che negarlo, ammonirlo, criticarlo, privarlo della sua naturale indole, riesca a supportarlo, ad aiutarlo non con risposte predefinite, ma con la reale disponibilità a intraprendere quel cammino, facendogli sentire che quel passaggio è necessario per divenire un adulto capace e consapevole. Questo dunque il ruolo dell’adulto nel delicato compito di affiancare un adolescente: sostenere il cambiamento passando attraverso una relazione dove ciascuno possa sentirsi rinforzato dall’altro. Io ragazzo che mi devo orientare, io adulto che nell’aiutarti a orientarti necessito di nuove modalità educative. Obbligo è rinnovarsi: un conoscerci nuovamente a vicenda per intraprendere insieme questa sfida.
Una comunità che educa
Reggello è un comune ampio sito in provincia di Firenze, che si compone di diverse frazioni tra loro distanti. Le attività offerte ai giovani sono molte e diversificate; vi sono impianti sportivi, luoghi di ritrovo, quali biblioteca, giardinetti e non mancano attività extrascolastiche (cinema, banda musicale, corsi teatrali…). Tutte queste opportunità si trovano tra Cascia e Reggello, le due frazioni principali e limitrofe, in realtà negli altri borghi tutte queste occasioni scarseggiano. Terminate le scuole medie inferiori i ragazzi sono obbligati a uscire dal comune per poter proseguire gli studi delle scuole superiori. Questa soluzione comporta aspetti sicuramente positivi, quali la possibilità per i giovani di vivere nuove esperienze, rendersi autonomi dal punto di vista degli spostamenti, alimentarsi di amicizie differenti, dall’altro non mancano, purtroppo, aspetti negativi. L’allontanarsi dal comune, il tempo necessario per fare rientro a casa, le diverse necessità dei ragazzi che adesso devono dedicare maggior tempo allo studio, fanno sì che i gruppi più o meno formali (attività sportiva, luoghi di ritrovo, parrocchie…) frequentati fino le scuole medie inferiori vengano abbandonati. Viene a mancare il senso di sicurezza che il gruppo, soprattutto a questa età, può offrire; i ragazzi iniziano a vivere momenti di vuoto che possono contribuire ad alimentare una sensazione di malessere inducendoli a cercare nuove gratificazioni.
Negli ultimi tempi, a Reggello, si sono verificate situazione spiacevoli tra i giovani. E’ emerso, soprattutto in contesti informali, l’uso eccessivo di sostanze stupefacenti con relativo spaccio e si sono verificati atti vandalici che hanno messo in allarme l’intera comunità.
A seguito di queste considerazioni e vicende nasce il progetto “Reggello-una comunità che educa”, progetto voluto fortemente dall’amministrazione comunale, che ha visto coinvolte, come responsabili e coordinatrici, un Pedagogista Clinico® e una Psicologa-Psicoterapeuta. L’intento è stato quello di promuovere buone prassi educative e garantire la possibilità, a coloro che interagiscono con gli adolescenti, di condividere esperienze e di scoprire differenti canali comunicativi-relazioni, in un’ottica di prevenzione del disagio adolescenziale. Nello specifico il progetto si è rivolto a quella fascia di adulti che interagisce quotidianamente con l’adolescente, a tutti coloro, cioè, che nel quotidiano hanno il privilegio di potere vivere a stretto contatto con il singolo adolescente o con il gruppo adolescenziale. Qualsiasi formatore, prima di essere allenatore, maestro è essenzialmente educatore: in questa veste ogni persona che si relaziona con un ragazzo deve avere la capacità di sapersi relazionare ad esso, con le giuste modalità, con un atteggiamento di apertura e la volontà di potere essere di aiuto.
Nello specifico il progetto ha visto la realizzazione di conferenze allargate condotte da esperti del settore infanzia-adolescenza, assemblee tematiche per i ragazzi delle scuole medie inferiori realizzate da carabinieri e da polizia postale per prevenire e mettere in guardia i giovani dei pericoli legati alla rete e all’uso di social e una serie di incontri esperenziali rivolti a un numero chiuso di partecipanti che avevano come obiettivo il ragionare in merito all’adolescenza e il ricercare modalità per riuscire a trovare vie di facile accesso e di comunicazione con i ragazzi. Occasioni per sostare su argomenti inerenti l’adolescenza, per avviare una riflessione su tale tematica e per approfondire certe conoscenze.
Durante il primo anno, a seguito di un inquadramento sull’adolescenza, dopo aver preso in considerazione strategie comunicative e tecniche e modalità di interazione all’interno di gruppi, è emerso il bisogno di approfondire la materia e di riflettere in modo consapevole su quali siano le prassi migliori da mettere in atto per creare una forte relazione con gli adolescenti.
La relazione, pertanto, è stato il tema trattato durante il secondo anno. I maggiori illustri, in campo evolutivo, sono concordi nel dichiarare che il primo passo verso la comunicazione, l’apertura, lo scambio e il benessere consiste nell’avere instaurato una buona relazione con l’altro. Il rapporto che si intende instaurare con un adolescente non può essere pensato come determinante se non parte da una relazione sincera e definita. Per relazione si intende un legame che unisce due o più persone. Perché questo legame possa arrecare esiti positivi, è necessario che esso sia portatore di valori costruttivi, ciò non significa che al suo interno non vi debbano essere attriti, momenti di arresto o attimi di incertezze. Il legame sussiste al di là di quello che ciascuno porta e al di sopra della propria individualità: sentire l’altro, essere con l’altro comporta una crescita, un cambiamento, un arricchimento.
Sono numerose le ricerche che hanno dimostrato come il rifiuto e l’assenza di calore, vissute dagli adolescenti, provochino sentimenti di isolamento e abbassamento del livello di autostima e conducano a comportamenti antisociali. Si desume dunque che l’adattamento degli adolescenti sembra dipendere strettamente dalla presenza di accettazione e supporto, dalla capacità di condividere un sentimento, di andare al di là di se stessi dove l’altro viene riconosciuto, perché ne viene assunta la prospettiva, perché si prova a vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Non a caso una sana relazione è considerata uno dei principali antecedenti del supporto ed uno dei migliori predittori del benessere dell’adolescente, mentre l’assenza di un buon rapporto con una figura di riferimento e la presenza di rifiuto sono connessi soprattutto con l’insorgenza di segnali quali ansia, assenza di controllo, aggressività, tristezza. Spesso, purtroppo, questa consapevolezza da parte dell’adulto viene a mancare o non viene sufficientemente portata in luce. Approfondire la questione è difficile, tentare di cambiare altrettanto.
Queste riflessioni hanno offerto l’occasione per poter orientare il secondo anno di attività progettuale verso una condivisone di esperienze adulti-adolescenti. Una proposta emersa, durante il primo anno, è stata quella di creare occasioni di scambio e confronto direttamente con gli adolescenti. Pertanto il secondo anno ha visto momenti di scambio inter-generazionale tra giovani e adulti condotti attraverso metodologie proprie della Pedagogia Clinica . Incontri di scambio, durante i quali le esperienze ludico-motorie hanno permesso di creare un clima disteso, di apertura e di confronto. Adulti e adolescenti, dapprima, trascinati in e attraverso esperienze divertenti, si sono concessi l’opportunità di stare l’uno in ascolto dell’altro, dichiarando contenuti importanti finalizzati a conoscersi, comprendersi, alimentarsi a vicenda per mettere in comunicazione i due mondi.
Attualmente è in corso la progettazione del terzo anno di attività. L’idea è quella di proseguire lungo il percorso intrapreso lo scorso anno proponendo attività varie e diversificate a gruppi misti di adulti e adolescenti. Il tema principale sarà legato al gioco, strumento apparentemente poco impegnativo, ma che fornisce, nella sua immediatezza e semplicità, una vasta gamma di possibilità di scambio e di conoscenza. Il fine ultimo messo in cantiere, sarà quello di realizzare un osservatorio permanente composto da volontari motivati e motivanti in grado di fornire risposte sempre più adeguate alle richieste non sempre palesate dei ragazzi. Si definisce così l’intento iniziale di creare una comunità capace di ascoltare le esigenze e i bisogni dei giovani, una comunità coesa per il benessere degli adolescenti.