di Dominique Tavormina
Il giorno 7 ottobre 2004. si è celebrata, per la prima volta in Italia e in Europa, in concomitanza con gli Stati Uniti in cui l’evento si svolge ormai da parecchi anni, la “Giornata sulla Depressione” (“European Depression Day Association”, con sede a Bruxelles).
La manifestazione è consistita in una serie di conferenze informative, tenute da psichiatri, aperte a tutti i cittadini, con lo scopo di porre l’attenzione in modo corretto su quella diffusa, e spesso sottovalutata, malattia che è la depressione, in un’ottica di prevenzione, di promozione del “benessere” della persona di ogni età e di sviluppo di una “cultura della salute”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha, infatti, recentemente affermato che entro il 2020 la depressione sarà una delle prime cause disabilitanti per l’uomo dopo le malattie cardiovascolari. Ecco perché è sorta la necessità, in ogni Paese europeo, di promuovere una giornata dedicata alla sensibilizzazione dei problemi legati alla depressione e ai disturbi dell’umore.
Ogni città si è regolata autonomamente nella concretizzazione del progetto; a Palermo ho avuto la grandissima gioia, come Pedagogista Clinico® in Italia, a prendere parte attiva alla realizzazione del Depression Day, essendo stata uno dei relatori sul tema: “Il contributo della Pedagogia Clinica in aiuto a soggetti con disturbi dell’umore”.
La conferenza si è svolta nell’Aula Magna del liceo classico “Garibaldi” ed ha visto una grande partecipazione di spettatori: ragazzi, docenti, giornalisti, medici, psicologi, educatori, familiari di soggetti in cura.
La mia presenza all’evento ha certamente palesato una valida considerazione nei confronti del Pedagogista Clinico che si trova ad affrontare questa disarmonia, ed ha significato che esiste la reale possibilità di una collaborazione fattiva tra professionisti, di lavoro transdisciplinare che si concretizza in collegialità e non in “rivalità professionale”, al fine di coordinare le forze e rendere più efficace il sostegno medico.
Nella mia relazione ho ritenuto, pertanto, importante porre l’attenzione sull’ aiuto globale che il Pedagogista Clinico offre all’individuo che si trova a vivere un momento difficile e problematico, occupandosi di ogni componente, fisica, psicologica, affettiva e relazionale della persona “integrale”.
Per il Pedagogista Clinico, infatti, il soggetto con disturbi dell’umore non è un “malato”, né la malattia può rappresentare un aspetto totalizzante della sua vita. La malattia si va a situare all’interno di una globale ed articolata dimensione sociale ed umana anziché in un contesto riduttivamente terapeutico. Se si vuole recuperare l’uomo nella sua integrità psico-fisica e relazionale, l’attenzione deve essere rivolta al soggetto nell’interezza del suo vissuto individuale, di cui l’aspetto “malattia” costituisce solo un momento che non può e non deve essere sentito come isolato o monopolizzante. Fondamentale è stata, pertanto, la sottolineatura dell’approccio pedagogico clinico, del rapporto che si crea fra il Pedagogista Clinico ed il suo interlocutore, una intercomunicazione valorizzata da simpatia, rispetto, considerazione che consente di incontrare “il volto dell’altro”, di “prendersi cura” di lui.
Per un nuovo e diverso equilibrio dei soggetti che soffrono di disturbi dell’umore e che sperimentano i tanti stati di disagio ad essi correlati (solitudine, ansia, paura, pensieri negativi), una breve carrellata sui metodi pedagogico clinici ha mostrato come essi risultino efficaci per ottenere una stabilità psico-fisica, alleggerire lo scoraggiamento profondo, stimolare e garantire una diversa e migliore accettazione di sé, prendere coscienza delle potenzialità e dei punti di forza che ognuno nasconde dentro di sé.
Il Pedagogista Clinico contribuisce a far conoscere la profondità e l’ampiezza delle proprie risorse, indispensabili per un qualsiasi futuro progetto esistenziale.
Pertanto, accanto alla terapia farmacologica suggerita dagli psichiatri, l’intervento pedagogico clinico ha ripercussioni positive sul piano dell’equilibrio generale e del benessere emotivo, rendendo il soggetto più consapevole, più forte e più abile ad affrontare i momenti negativi che la vita presenta, recuperando le sue energie e sviluppando capacità vitali necessarie e fondamentali per aiutare a risolvere conflitti interiori e situazioni problematiche.
I soggetti, in tal modo, si scoprono più motivati, più entusiasti, più stabili; sperimentano la propria solidità ed autonomia e tutto sembra acquistare un significato diverso.
L’ampio dibattito finale ha confermato il grande interesse suscitato dagli argomenti trattati ed in particolare dal contributo del mio intervento per l’apporto decisivo al miglioramento della “qualità della vita” dei soggetti depressi.
Ringrazio il dott. Giuseppe Tavormina, presidente del Centro Studi Psichiatrici (Cen.Stu.Psi) di Provaglio d’Iseo (BS), responsabile per l’Italia dell’evento European Depression Day, che mi ha offerto l’occasione di esporre i miei orientamenti in proposito.
(in Rivista Pedagogia Clinica-Pedagogisti Clinici, Edizioni Scientifiche ISFAR Firenze, n. 11/2005)