Pedagogia Clinica. Come nasce la Pedagogia Clinica?

Generalmente si individua come nascita della Pedagogia Clinica il 1974 anno in cui Guido Pesci la definisce come disciplina e come professione in un incontro fra laureati a cui è seguito il Movimento dei Pedagogisti Clinici.

In realtà ha fatto il suo esordio in tempi ancora più lontani, possiamo farla risalire al fermento sofferto da Guido Pesci assieme ad altri professionisti ed intellettuali nel vivere e analizzare le sofferenze della persona a partire dalla metà degli anni ’60. Ad influenzare il suo pensiero sono stati il disimpegno politico, l’evidente degrado socio-culturale e le conseguenze incresciose sull’uomo. Era un ferito testimone di un angoscioso sistema assistenziale, di una società in cui i bambini e gli adulti subnormali erano esseri emarginati, condannati dalle loro malattie e dalla loro “inutilità”.

Pesci si è sempre impegnato nel battersi contro le consuetudini di oppressione e di segregazione che si vivevano nella scuola che sotto il pretesto delle cure particolari teneva separati gli handicappati nei ghetti delle Scuole Speciali, delle Classi Differenziali o nelle Classi Sperimentali le quali mantenevano vivo il “mondo differenziale” rinforzato dal meccanismo dell’addomesticare e reprimere.  Era un  atteggiamento segregativo che la scuola aveva assunto con i verdetti specialistici, il più delle volte affrettati, ma capaci di escludere il “bambino difficile” dall’esistenza normale dopo averlo etichettato in base ai sintomi presentati. La scuola chiedeva una migliore “preparazione pedagogica e didattica” degli insegnanti, e una università i cui professori fossero preparati ad “insegnare a insegnare”.

La responsabilità del decadimento, dello sfacelo morale e intellettuale delle istituzioni, dei valori, del senso dello stato si configurava nei confronti della delinquenza minorile che al disadattamento aggiungeva anni di istituzionalizzazione, e una volta adulti, quei giovani finivano inevitabilmente nelle maglie della criminalità professionistica.

All’analisi di fatti e situazioni non sfuggiva l’impostazione socio-politica conservatrice e reazionaria, elusiva e mistificatoria. Dall’osservatorio del gruppo di cui Pesci faceva parte erano emersi problemi che riguardavano tutta la società come la mancanza di una politica per l’assistenza all’infanzia e la tutela del lavoro femminile delineata da una funzione sociale, formativa ed educativa, dell’invecchiamento, dello sfruttamento della donna ridotta a simbolo sessuale, minoranza oppressa e discriminata.

Le mortificazioni subite dalla persona richiedevano una mutazione e trasformazione, un mutamento sociale e culturale, ed è da questa consapevolezza che Pesci si è animato per apportare alla struttura sociale un ruolo moderno e rinnovato, con processi capaci di incidere sul pensiero, il comportamento umano e le interazioni tra individui.

Marta Mani