Scuola per Tutti (École pour Tous)

                                                                                 di Marta Mani                                                                                      Pedagogista Clinico®

L’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici (ANPEC) e l’ISFAR Istituto di Formazione Post-Universitaria delle Professioni, l’Associazione Mediterraneo senza handicap, la Caritas italiana e l’UNICEF hanno avviato dal 2016 il Progetto l’École pour Tous con l’obiettivo di favorire l’inclusione scolastica dei bambini in difficoltà nelle scuole di Dijbouti. La Repubblica di Dijbouti è uno Stato dell’Africa Orientale situato nel Corno d’Africa che conta circa 800.000 abitanti di etnia Somali e Afar, di religione predominante islamica (94%). Le lingue ufficiali sono l’arabo e il francese. L’alfabetizzazione raggiunge appena il 46% della popolazione, fra cui il 33% delle donne, con una percentuale di ragazze iscritte alla scuola elementare del 10%. Per fronteggiare l’analfabetizzazione e migliorare le condizioni sociali dei giovani il vescovo Giorgio Bertin della Diocesi di Gibuti si è impegnato alla realizzazione di scuole primarie e secondarie oltre che nella capitale, nelle città di Ali Sabieh e Boulaos. A Monsignor Bertin si deve anche la Scuola per Tutti, una scuola inclusiva il cui progetto educativo è sostenuto da Suor Michela Carrozzino, delegata internazionale ANPEC/ISFAR e Presidente dell’Associazione Mediterraneo senza handicap. Il Progetto prevede una formazione pedagogico clinica degli insegnanti e dei direttori didattici del Dijbouti, perché possano rispondere in maniera efficace ai bisogni dei loro allievi. No a protocolli uniformati e standardizzati, né al trasferimento di nozioni o di disposizioni, né una didattica speciale condotta in base a dei modelli; ma l’obbligo di far acquisire agli insegnanti l’abilità nel condurre una osservazione permanente durante tutto l’iter educativo e nelle varie occasioni che hanno di interazione con l’allievo, posto com’è in grado di seguirne il processo maturativo, di connotare assai ampiamente le sue abilità e potenzialità, gli effetti ritardanti o ostacolanti il processo educativo e didattico. Conoscere per intervenire quindi, perciò è seguita una formazione che ha visto gli insegnanti e i direttori didattici impegnati in un coinvolgimento attivo e dinamico per mezzo di metodi e tecniche pedagogico cliniche rese appropriate alla realtà socio-culturale; efficaci per valorizzare nella persona le attitudini individuali e promuoversi positivamente nelle relazioni. Durante il periodo di formazione non sono mancati gli impegni nel rispondere alle necessità di allievi con particolari difficoltà per i quali è stata richiesto un’analisi conoscitiva delle Potenzialità Abilità e Disponibilità premessa per indirizzi e confluenze educative tese a garantire un reale processo globale di crescita. Di questi ne riportiamo tre, per dare indicazioni di come in situazioni di ambiente così compromesso e in tempi limitatissimi, è comunque doveroso trovare nei limiti, opportunità di risposta.

Alì – 6 anni

Il breve tempo a disposizione ci ha permesso di raccogliere una sintetica storicità: “Il padre di Alí si accorge che qualcosa non va quando il bambino ha 2 anni poiché nota che non risponde mai a nessuno stimolo esterno, ma rimane piuttosto isolato e assente. Non è mai stato in una scuola prima d’ora, ed è arrivato all’ École pour tous a settembre 2015. Porta ancora il pannolino; riesce a fare in autonomia la pipì (anche durante la notte si sveglia quando sente lo stimolo), ma non ha ancora nessun controllo delle feci, che fa circa ogni 2 giorni, solide e con molto sforzo. In casa gioca da solo o con la sorellina di 2 anni. Spesso prova fastidio per il rumore intorno a sé, e tenta di evitarlo tappandosi le orecchie seduto in un angolo isolato. Ha un legame molto stretto con il padre, che si mostra sempre molto disponibile a collaborare per il benessere del figlio.  Gli insegnanti dichiarano che a scuola gioca completamente da solo, generalmente cerca oggetti da far ruotare (bicchieri di vetro soprattutto), ma non accetta interferenze di terzi, tant’è che non interagisce mai con gli altri bambini presenti. Non ama stare in classe e cerca di continuo di scappare all’esterno, per correre ed arrampicarsi su qualsiasi piano rialzato”.  Oltre queste dichiarazioni non abbiamo avuto l’opportunità di raccogliere diagnosi neuropsichiatriche che definissero la patologia, nonostante che il padre e il personale insegnante considerassero Alì un soggetto con sindrome autistica.  Nello stare assieme ad Alì seppur per un tempo limitato, al fine di cogliere maggiori e più dirette indicazioni sul disagio e sul comportamento si è potuto constatare che in una situazione in cui lo spazio accogliente era limitato il soggetto si è reso disponibile a varie sollecitazioni necessarie per verificare le più significative occasioni nello stare in dinamica e nel rispondere agli stimoli. In pochi minuti per una verifica che richiederebbe molto più tempo al fine di portare in superficie ogni tratto significativo, abbiamo comunque potuto enucleare che:

  • accoglie il contatto corporeo pur per tempi limitati
  • risponde per imitazione alle comunicazioni facciali, ai gesti e ai suoni
  • ad un approfondimento sul dinamismo respiratorio ha accolto il contatto ed è stato disponibile a sintonizzarsi su un dinamismo respiratorio guidato
  • alle diverse stimolazioni sensoriali (vibrazioni tattili e sonore, soffio) raccoglie le sollecitazioni e le vive come un momento ludico
  • accetta le stimolazioni tattili pur con manifestazioni di disagio
  • dimostra la necessità di un generale riequilibrio della funzione tonico muscolare.

Dai dati fin qui raccolti, l’orientamento sulle opportunità di intervento ai fini di un valido recupero, è stato sollecitato il padre a seguire i ritmi intestinali del figlio e indicato l’iter necessario per vincere le note distrattive che impediscono l’autonomia sfinterica. A proposito c’è anche da tener presente una eventuale inadeguatezza dei muscoli sfinterici. Per quanto riguarda invece ciò che dovrebbe essere realizzato da parte di chi lo segue nella scuola, si rende opportuno, oltre a quanto già indicato sul posto, un intervento complesso e specialistico condotto in un ambiente socipeto e con ridotte  sollecitazioni percettive. Le potenzialità, abilità e disponibilità del soggetto reclamano un intervento globale che vada ad alimentare attraverso la sollecitazione tattile corporea un arricchimento nella conoscenza e della disponibilità, a tal proposito la Pedagogia Clinica richiama l’utilizzo dei metodi Discover Project® guidato e del TouchBall®. Relativamente al riequilibrio tonico-muscolare ed un più corretto dinamismo motorio e in particolare gestuale possono trovare risposte adatte nelle esperienze che il soggetto può raccogliere se seguito con il metodo Edumovement®. Questi riferimenti alle metodologie indicate è chiaro che esigono un utilizzo delle diverse sollecitazioni dettato ogni volta dalle disponibilità dell’altro, suggeritore del progetto di lavoro che si andrà costruendo nello stare assieme.

Hannah – 8 anni

Abbiamo incontrato Hannah e i familiari all’École pour Tous che hanno riferito: “La bambina è nata senza nessun problema, ma all’età di 3 anni ancora non parlava. È seguita via Skype da un medico dello Yemen (la famiglia è originaria dello Yemen), il quale da 6 mesi le ha prescritto dei trattamenti farmacologici per ”far funzionare il cervello” (la madre non ricorda il nome del farmaco). La bambina non parla, a parte la parola no in lingua araba, fino ai 5 anni era in grado di dire solo i nomi dei membri della famiglia e nient’altro, e in seguito, a causa di un evento traumatico avvenuto in famiglia e non meglio precisato, ha smesso completamente di dire qualsiasi parola. La madre nega che la bambina abbia mai avuto crisi epilettiche. Non è mai stata in una scuola prima d’ora, ed è arrivata all’École pour tous a settembre 2015, gli insegnanti dichiarano che la bambina in classe partecipa alle attività solo dopo essere stata più volte spronata”.  Queste le poche note informative che abbiamo potuto raccogliere con un evidente fondamento confusivo che non ci ha potuto ben orientare, ma che ci ha indotto a richiedere se esistevano diagnosi cliniche per le quali i familiari sono stati inizialmente indisponibili a farcele avere, ma poiché dai vari nascondimenti si poteva ipotizzare una causa scatenante che altro non poteva essere se non dovuta ad un focolaio con una conseguente sindrome epilettica, abbiamo insistito e al termine dell’incontro gli stessi hanno documentato la nostra ipotesi. Si tratta quindi di una bambina epilettica, una epilessia di cui può trovare ragione l’intervento farmacologico del medico yemenita.  La verifica da noi effettuata, seppur limitato il tempo, ha permesso di evidenziare che la bambina si presenta con scialorrea, una lingua in protusione e ipotonica, muscolatura facciale flaccida con il labbro inferiore ipotonico e accentuato verso il basso; mancanza di vibrotattilità labiale e di chiusura in risma labiale; apparato dentario senza complicanze; il dinamismo respiratorio con frequenza molto bassa in assenza di una organizzazione ritmica e di espansione toracica. Non abbiamo avuto l’opportunità di offrire orientamenti educativi necessari alle componenti familiari e sono state scarse in presenza le indicazioni sull’intervento di aiuto alla bambina. Con i dati scaturiti dalla verifica che abbiamo raccolto, l’ipotesi dell’intervento da seguire si presenta tuttavia chiara ed in particolare si affida ad un nutrimento multiplo di stimoli in una situazione dinamico-corporea in cui si presentano le maggiori opportunità per dinamicizzare ogni settore corporeo ed in particolare aiutare il dinamismo respiratorio a svilupparsi. Le metodologie che a proposito possono essere seguite sono quelle pedagogico cliniche, RitmoFonico®, VibroTattile® e CoreograficoFonetico® oltre che il metodo LinuaggioAzione®, che, aggiustate alla globalità, rispondono meglio ai bisogni della bambina. È evidente che un risultato certo è al tempo stesso collegato ad un corretto intervento farmacologico che freni la patologia epilettica.

Abdourhani – 9 anni

Il narrato storico è il seguente: “La madre dice che il bambino è stato seguito da un medico una sola volta, ma tutta la sua cartella medica è andata perduta in un incendio della casa. Il bambino è nato senza nessun problema, e senza l’ausilio di nessuno strumento. All’età di 9 mesi la madre si accorge che il bambino emette molti rumori, e all’età di 3 anni lo porta da un medico, il quale dice che la possibile causa della “diversità” di Abdourhani è una malattia contratta dalla madre durante la gravidanza (malattia di cui non ricorda il nome). Il bambino passa moltissimo tempo in casa a guardare la tv, esclusivamente un canale di cartoni animati in lingua araba. Difatti si esprime per lo più con parole in arabo, appreso appunto guardando la tv, nonostante la lingua parlata in famiglia sia solo il somalì. Non è mai stato in una scuola prima d’ora, ed è arrivato a l’École pour tous a settembre 2015. Gli insegnanti riferiscono che il bambino a scuola interagisce e gioca con gli altri bambini presenti in classe, soprattutto con Annah con la quale ha un rapporto molto stretto”. Alla notizia che il bambino ha perfino imparato la lingua araba nel sostare fissamente davanti alla televisione, è evidente che si è dovuto affermare l’inadeguatezza di questo comportamento e richiamare i genitori a distrarlo con altre e diverse sollecitazioni. La verifica si è avvalsa della scopia durante tutto il periodo durante cui ci siamo intrattenuti a rilevare la storicità, momento in cui il bambino ha dimostrato certe sue caratteristiche comportamentali. Ad un approfondimento in una  situazione separata e in un ambiente dallo spazio più ristretto si è potuto rilevare che Abdourhani ha dimostrato un comportamento di rispetto e di positiva accoglienza della nostra presenza, oltre che di autonomia facendo lui stesso spontaneamente scelte adatte all’occasione (depositare le proprie scarpe da una parte, accendere il ventilatore…), strutturando diverse dinamiche in prossemica si è dimostrato distratto e sollecitato da stimoli e interessi propri, organizzando su ogni movimento messaggerie verbali nella lingua araba acquisita stando alla TV. La finalità dei suoi atti, dei suoi pronunciamenti e di ogni suo dinamismo è strutturata in una cornice velocizzata ma con obbiettivi certi, una intelligenza capace di seguire l’iperattività. È un soggetto che ad una classificazione nosografica potrebbe essere definito ADHD, una classificazione che comunque non ci farebbe da guida poiché l’intervento conseguente al suo modo di essere, perseguito negli obiettivi della Pedagogia Clinica tiene conto di ogni aspetto sia esso funzionale che emozionale e trova in particolari modalità le risposte opportune. Per questo bambino non abbiamo da indicare metodi specifici a cui rivolgersi poiché è alla professionalità di chi gli sta accanto l’obbligo di individuare ogni volta le necessarie esperienze da proporre in base alle diverse disponibilità e con un criterio di spiralizzazione. Professionalità che tuttavia è raggiunta da una formazione conseguente di ispirazione pedagogico clinica.

Radwan – 9 anni

Anche per questo soggetto il tempo a disposizione per un più concreto approfondimento è stato limitato. Dalle componenti familiari, il padre e due sorelle adulte, abbiamo avuto indicazioni sulla storicità: “Il bambino è nato dopo una gravidanza senza problemi e un parto naturale senza l’ausilio di strumenti. Si dimostra in grado di rispondere ad indicazioni concrete (apparecchia la tavola) ma non ad indicazioni astratte (Rivestiti perché non è bene stare nudo). Non ha acquisito una piena autonomia, tanto che è necessario lavarlo e vestirlo. Non è in grado di parlare, ma emette solo dei suoni, nonostante conosca i nomi dei membri della famiglia. Radwan grida spesso in pubblico, o ha atteggiamenti che non sono ritenuti adeguati. Se necessita di qualcosa è comunque in grado di attirare l’attenzione su ciò che desidera. Non è mai stato in una scuola prima d’ora, ed è arrivato all’École pour tous a settembre 2015. Gli insegnanti riferiscono che Radwan in classe non ama troppo le attività che prevedono il movimento, ama la compagnia degli altri bambini ma talvolta si isola per giocare tutto solo con un pezzo di stoffa che appartiene alla mamma oppure con delle bambole. Cerca molto il contatto fisico, baciando e abbracciando i compagni e le insegnanti”. Alla richiesta di diagnosi cliniche che sarebbero state indispensabili per chiarire la patologia, non abbiamo avuto documentazione. La scopia comunque permette di ipotizzare una patologia genetica. Una verifica di approfondimento ci ha dato modo di rilevare:

-lingua scrotale ma non tozza;

-palato superiore con arcata ogivale;

-ipotonicità generalizzata;

-scarso fissage visivo;

-distraibilità;

-emissione di suoni con tonalità acute.

Le abilità in genere sono scarse per carenti intelligenze a supporto. Nell’occasione ai familiari abbiamo avuto l’opportunità di riferire che per Radwuan è necessario sviluppare un lavoro contemporaneo su più settori, non solamente su uno specifico ed evitare che il bambino passi tutto il suo tempo chiuso in casa. Relativamente alle indicazioni tecnico-scientifiche per chi lo segue a scuola ed è impegnato ad attività di recupero, possiamo dire che Radwan necessita di un intervento molto complesso che tenga conto di stimoli multipli siano essi percettivi che organizzativo-motori, oltre a tener conto delle simpatie utili per energizzare ogni aspetto emozionale. La complessità di un tale intervento chiede una formazione ricca di conoscenze e abilità e situazioni di ambiente in cui la crescita individuale e sociale possa essere garantita. Chi starà vicino a Radwan ha un compito professionale molto impegnativo e dovrà essere richiesta una formazione specifica in Pedagogia Clinica.  La cultura della Pedagogia Clinica si va diffondendo anche a Dijbouti, ne è prova che si è interessato alla nostra formazione il Direttore Generale dell’ANPH, Dualeh Said Mahamoud, presenziando per lungo tempo ai lavori, così come ne è prova la volontà  dell’Università di Dijbouti di rafforzare l’attività di ricerca, su cui si basano l’implementazione di nuovi percorsi formativi, ben dimostrata in occasione di due susseguenti incontri tra i rappresentanti dell’ISFAR e dell’ANPEC, il rettore Djama Mohamed Hassane e i responsabili delle diverse facoltà.