Tale of Sand® voce alle emozioni

deserto piccMetodo e strumentario nati da un progetto di ricerca che Guido Pesci ha condotto e che ha dato prova quanto la sabbia, elemento dinamico e carezzevole offra all’uomo, con il muovere le mani, condizioni interattive di piacere nel liberare la propria creatività strappandola da vincoli che la imprigionano, dando voce ad emozioni e sensazioni, e vivacità all’efficacia che accompagnano l’esperienza. Le mani nella sabbia aiutano l’uomo a sostare con se stesso, nel suo silenzio e nel rispetto della parola, per non perdersi in mezzo al suo “deserto”, ma per ritrovarsi; una sorta di monitor quindi e di correzione contro parole vuote e chiacchiere prive di senso.
Il Tales of Sand® (Racconti di Sabbia) metodo ausiliario del Reflecting® e perciò del Pedagogista Clinico® è utilizzato per offrire al singolo o alla coppia questa occasione, muovere e penetrare le mani nella sabbia in un’apposita sabbiera e dare inizio, in questo campo interattivo, alla elaborazione silenziosa della propria invisibile esistenza.
La sabbia evoca silenzio, una condizione di riposo, di tranquillità, aiuta a emancipare sfumature interiori, ad esplorare  ogni dettaglio in modo sempre più ricco e profondo, a fare, sorpresi, un viaggio intimo e personale, un viaggio di scoperta della coscienza e del territorio esistenziale come annunciato dai miti, le leggende e le fiabe, avvertito come rigenerazione. Addentrati nel prototipo deserto della sabbiera, le persone, presenti in uno spazio di silenzio si aprono e ascoltano le reazioni che nascono dentro di sé, che muovono da un luogo all’altro nella loro vita e commuovono. Le mani frenate nei loro movimenti dai poliedrici cristalli di sabbia, incoraggiano prolungati silenzi, una disponibilità a riflettere, aperti alle sorprese, con ricca generosità e condivisione. Nel silenzio pensieri ed emozioni affiorano, l’esperienza si espande, la lettura del diario delle insidie così come di ogni aspetto positivo di sé, nel silenzio del deserto di sabbia si arricchisce l’attenzione e la consapevolezza, quella che i Tuareg traducono come il mezzo per l’uomo di trovare la sua anima. Le mani si muovono nella sabbiera, spostano i granelli di sabbia che per effetto della vibrazione di volta in volta si accumula nei punti della superficie in cui la vibrazione è nulla, ovvero dove le varie onde si annullano, e muta al variare dello spettro di frequenze vibrazionali, impronte di una danza che con il silenzio lascia che l’identità sia portata in superficie. Tipiche frequenze dei tratti orditori che traducono intenti dichiarativi ed espositivi, aggressivi, concilianti o simpatetici, e che generano informazioni di sé all’altro. Le vibrazioni e le risonanze delle dita e delle mani nella sabbia corrispondono alle rotazioni, accelerazioni,  sprofondamenti e accarezzamenti, ai più diversi dinamismi sostenuti dal formulario analogico che scompone e animano la sabbia, e che generano l’intenzionalità dichiarativa silenziosa o verbale. Il movimento delle mani e delle dita produce vari tipi di vibrazione e ogni onda vibratoria è tenuta in vita dal movimento che l’ha generata creando forme informi giacché in continua evoluzione e trasformazione. Un dinamismo studiato attraverso la cronofotografia che ha permesso di catturare i tempi e le diverse sfumature elaborative e vibrazionali del linguaggio analogico e il rapporto di conversione di queste con  la scansione dei movimenti prodotti dalla disponibilità ad esporre le proprie riflessioni. Argomentare con la sabbia permette di sentire, di essere informato dai propri movimenti, traduttori dell’intesa, del dubbio, della negazione, con cui confrontarsi e che aiutano a trovare una diversa e più idonea opportunità di scambio, integrata dalla riflessione che disloca dal silenzio i granelli di dubbio, ogni esposizione sensibile e precaria, con prospettive di verità non-verità, descrizioni con regole o sovversioni frenate e ostacolate, per essere o invocate o temute.
Dalla riflessione l’uomo impara il rispetto del tempo e dello spazio che la parola occupa, l’attesa e la negazione di atteggiamenti verbali banali e irresponsabili, il disgusto per un parlare degradato e distratto. Il silenzio che la sabbia postula aiuta ad evitare le chiacchiere impiegate per non dire il vero, a sottrarsi dall’utilizzare un linguaggio centrifugato o parole adoperate per creare schock  sensoriali.
Il Tales of Sand® è per tutto questo, un efficace ausiliario del Refecting poiché la persona, sollecitata nella riflessione anche dalle interazioni con la sabbia che fanno affiorare alla mente con maggior successo ogni valenza di vita vissuta o comunque sentita, ha la possibilità di ritrovare l’anello di congiunzione con le radici lontane, delineare e rendere nitide le immagini sfocate, e con ciò rendersi sempre più disponibile a muoversi nella direzione di significativi rapporti sinergici.
Il metodo trova ormai in Pedagogia Clinica ampio utilizzo a conferma  della validità della sperimentazione condotta dal Centro di Ricerca dell’ISFAR.

Marta Mani