Le richieste di aiuto che giungevano al Pedagogista Clinico® negli anni ’70 per fronteggiare l’“amara vecchiaia” erano in gran numero e in particolare giungevano da uomini vedovi che, rimasti soli tendevano ad evitare ogni loro precedente amicizia. La loro asserzione costante lamentava che “tutto va bene finché il vecchio serve ancora a qualcosa” e che in un suo particolare momento di bisogno i familiari “quasi ti ordinano di essere felice entro domani”. Una società in cui il vecchio che aveva bisogno di aiuto disturbava il giro del lavoro, degli affari, delle vacanze, della tranquillità davanti al televisore. Poche le visite, sempre frettolose e soffocanti di particolari raccomandazioni, come nuove regole dei rapporti umani, sostituti di amore e di premura, la premura di “aiutare il sole a calare più in fretta”. Queste le frasi di un vecchio seguito nel nostro Centro Studi Antiemarginazione e inserito in un clima sociale “distratto”. I vecchi (o se vogliamo gli anziani) presenti nei nostri studi avevano tutti partecipato fino a quel momento ad una vita attiva e piena di interessi e di impegni sociali e adesso si trovavano ad affermare “la nostra società non scherza, a chi non è attivo concede a malapena di restare al mondo”.
Depressi? Non esponenti una categoria nosologica, ma certo insoddisfatti, frustrati, per sentirsi “ingombranti” e per subire un simulato o dissimulato ostracismo, un isolamento fisico, psichico e sentimentale, a cui dover dare risposte affinché potessero ritrovare un personale spazio di vita e di ottimismo. Era necessario che l’aiuto pedagogico clinico si proponesse una calda attenzione ed accoglienza, l’amore in senso umano e sociale, adatto per superare la tristezza di una vecchiaia vissuta male e minacciata da un disumano isolamento. Questo vecchio ha trovato risposte positive nel leggere, svelare e descrivere i contenuti del “testo” della propria soggettività, nel tenere presenti i bisogni e soddisfarli con modalità armonizzate e flessibili sostenute da un criterio di attualizzazione pratica di principi, metodi e tecniche della Pedagogia Cinica, impiegate in dinamiche relazionali idonee a fare affiorare alla coscienza risposte a differenti condizioni iniziali di necessità intese a promuovere un’efficace e attiva partecipazione, ottenere una migliore padronanza delle potenzialità e abilità fisiche e psichiche per sviluppare una personalità armonica. Compito impegnativo quello del Pedagogista Clinico® che dal sostare inizialmente vis a vis ha poi registrato l’utilità di sostare l’uno a fianco dell’altro sul divanetto, per continuare nell’esplorazione dei luoghi oscuri, dove poteva stentare a procedere e promuovere un rinnovato equilibrio. Il consolidamento personale individuale si è rafforzato con stimoli assunti dalle immagini mentali, metodo che più tardi assumerà la definizione di PictureFantasmagory®. Immagini che si avvalgono di racconti che introducono la persona nel mondo simbolico aiutandola a ritrovare la volontà, la determinazione e il desiderio di vivere la vita con entusiasmo e facilitare l’affermazione progressiva di sé. Sono racconti immaginativo fantasmatici che la persona vive come protagonista, azioni affrescate da imagos che sviluppano l’espansione della disponibilità e le soluzioni per soddisfare i personali bisogni. Si trattava di far tornare la persona a rivolgersi verso i propri interessi, acquistare il giornale, leggerlo e per mezzo di esso partecipare come era suo solito a vernissage, ad incontri, dibattiti, assieme ad una schiera di amici, reintrodurla in un positivo circuito di impegni.
Guido Pesci